Immigrazione: incontro Conte-Macron, zero risultati

L'attuale cornice politica è oggi del tutto confacente agli interessi della Francia. Italia sotto scacco. Governo Conte bis alla disperata ricerca all'estero di quella legittimazione che gli manca in Italia. Campo aperto in Libia. Perché mai, dunque, Parigi dovrebbe modificare la sua linea?

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Gli osservatori più attenti avranno rilevato lo scarso risalto dato dai media alla visita in Italia del presidente della Repubblica francese Macron. Il motivo è semplice. A dispetto dei trionfalistici scenari della vigilia, l’incontro fra Conte e Macron non ha prodotto nessun risultato sul problema immigrazione.

Immigrazione, nei colloqui Conte-Macron solo dichiarazioni di buona volontà

Sempre che non si intenda far passare per successo delle generiche dichiarazioni di intenti su redistribuzione degli immigrati e quote obbligatorie. Intenti che, con buona pace di Conte e Macron, per trasformarsi in azioni politiche concrete dovranno essere negoziati con altri Paesi. Diversi dei quali nettamente contrari.

“Ho avuto la piena disponibilità di Macron per attivare un meccanismo finalmente europeo sugli sbarchi, sulla redistribuzione e su una gestione efficace e europea dei rimpatri”, ha dichiarato il premier italiano.

Macron, dal canto suo, si è spinto un po’ oltre. “Possiamo metterci d’accordo” – ha dichiarato – “su un meccanismo che consenta di garantire all’Italia o a Malta prima dell’arrivo dell’imbarcazione che le persone che arrivano vengano prese in carico. I paesi che non accolgono i migranti siano penalizzati finanziariamente.

Proclami irrealizzabili: l’Unione europea non è competente sulla immigrazione

Per inquadrare la questione occorre tenere presente un dato tecnico-giuridico: l’Unione europea non è competente in materia di immigrazione. La competenza primaria è degli Stati che ne fanno parte. Di conseguenza, qualsiasi decisione su immigrazione e confini deve essere il risultato di un negoziato al termine del quale le parti decidono su base volontaria di obbligarsi ad adottare determinate misure.

Di conseguenza, da un lato l’Ue non può legalmente obbligare gli Stati membri a redistribuire i profughi sulla base di quote.

Per non parlare poi degli immigrati economici illegali, che sono la maggioranza, di cui nessuno intende farsi carico.

Dall’altro – e di conseguenza – è ancora più difficile immaginare che l’Ue possa sanzionare i paesi contrari alle quote. L’ordinamento europeo, infatti, non dispone di strumenti, né tantomeno stabilisce i presupposti legali della sanzione.

Quote e sanzioni, inattuabili politicamente

A meno che Macron non intenda un’altra cosa. Vale a dire che sia direttamente una coalizione di Paesi membri – e non l’Ue – a promuovere sanzioni contro un altro paese membro o un gruppo di paesi, quale quello di Visegrad.

Un passo di questa portata appare di difficile attuazione. La maggior parte dei paesi ostili alle quote gravitano nella sfera di influenza della Germania.

Difficile immaginare che Berlino dia il suo assenso all’istituzione di un meccanismo sanzionatorio che in ultima analisi metterebbe in crisi le relazioni con i suoi satelliti.

Uno scenario – per inciso – che a Parigi non dispiacerebbe, nell’ottica di un riequilibrio dei rapporti franco-tedeschi in Europa.

Le sanzioni sarebbero in ogni modo una mossa molto azzardata. Figlia più della debolezza politica di Macron – e magari di spregiudicatezza. Non certo di forza.

Soprattutto, una mossa che rischierebbe di avere effetti politici devastanti a livello continentale, perché metterebbe a rischio la tenuta del progetto di integrazione europea.

Contro le quote, lezione di democrazia dall’Ungheria

Le sanzioni sarebbero un grave errore politico anche sotto il profilo della democrazia. Nei giorni scorsi, l’Ungheria ha apertamente criticato la scelta italiana di riaprire i porti alle navi delle Ong.

La ragione del dissenso di Budapest è chiara. Da un lato, l’Italia ha deciso unilateralmente di riaprire i porti. Dall’altro, poi, pretende che degli immigrati si facciano carico altri paesi, i quali hanno una politica diametralmente opposta a quella italiana.

Ma, in sostanza, cosa si rimprovera all’Ungheria – e agli altri Paesi contrari all’immigrazione selvaggia? Di difendere i suoi confini e le sue leggi? Perché è esattamente questo che fa Budapest. E, per di più, sulla base della volontà dei suoi cittadini espressa con il democratico strumento del voto.

L’Ungheria assolve alle funzioni dello Stato, in linea con il mandato democratico

Vista con la lente dello scienziato politico, l’Ungheria altro non fa che assolvere alle funzioni essenziali di uno Stato. Se il governo M5S-Pd apre i porti e sceglie di non difendere i nostri confini e le nostre leggi, sulla base di quale legittimità pretende di scaricare gli effetti delle sue decisioni su Budapest e sugli altri paesi contrari?

Non risulta, del resto, che quando l’Ungheria ha aderito all’Ue le sia stato chiesto di impegnarsi ad accogliere automaticamente quote di immigrati. Per di più, entrati illegalmente sul suolo europeo a causa di discutibili scelte politiche di altri.

L’Italia sotto scacco va bene alla Francia

Con queste premesse, che i colloqui Conte-Macron avessero un esito deludente era prevedibile. Lo scopo della visita di Macron non era di alleviare le difficoltà italiane davanti all’invasione migratoria.

Sull’immigrazione, la Francia ha già una sua posizione, che è ostile a quella dell’Italia, come confermano le circostanze. Infatti, se da un lato a seguito dell’insediamento del governo Conte bis gli sbarchi hanno fatto registrare una drammatica impennata, dall’altro la linea dura francese sui confini è rimasta immutata.

Parimenti ostile agli interessi italiani è la politica francese in Libia, la cui destabilizzazione, che ha per obiettivo di sostituire l’influenza di Parigi a quella di Roma, si riverbera drammaticamente sull’incremento dei flussi.

L’attuale cornice è oggi del tutto confacente agli interessi della Francia. Italia sotto scacco. Governo Conte bis alla disperata ricerca all’estero di quella legittimazione che gli manca in Italia. Campo aperto in Libia. Perché mai, dunque, Parigi dovrebbe modificare la sua linea?

Macron a Roma, il colonizzatore passa in rassegna gli ascari

La visita di Macron a Roma assomiglia semmai a quella del rappresentante della potenza coloniale che, in visita nella colonia, passa in rassegna gli ascari indigeni più fedeli. E distribuisce loro benemerenze in pubblico, per aiutarli a consolidare il proprio potere fra le tribù locali.

Del resto, in relazione alla scelta di Roma come sede dei colloqui, persino la stampa amica (qui un articolo emblematico) del Conte bis si lascia goffamente sfuggire che “la scelta di vedersi a Palazzo Chigi anziché all’Eliseo” è “un modo per tacitare l’accusa salviniana di un governo guidato all’estero”. Come dire: salviamo almeno le apparenze. Una lettura alquanto confessoria, quella del quotidiano torinese, che assomiglia a un lapsus.

I margini di azione dell’Italia avranno presto modo di essere saggiati. Il prossimo vertice di Malta oppure – meglio ancora, perché da Malta c’è poco da attendersi – il primo caso di fusione o acquisizione industriale italo-francese che finirà sul tavolo negoziale saranno interessanti banchi di prova.

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