Con la fiducia votata dalle Camere si chiude la crisi aperta dalla Lega ad agosto. Il nuovo governo Conte sarà sostenuto dall’inedita alleanza M5S-Partito democratico.
Governo M5S-Pd, uno strumento straniero per cacciare Salvini dalla stanza dei bottoni?
Gli osservatori concordano su una circostanza: diverse cancellerie straniere hanno esercitato forti pressioni per favorire la nascita di un’alleanza di governo M5S-Pd. Il loro obiettivo? Estromettere la Lega e il suo uomo forte Salvini dalla stanza dei bottoni.
Si tratta di un chiaro successo politico. Con la fine del governo M5S-Lega si conclude il principale esperimento di governo sovranista e anti immigrazione in Europa. Un governo che ha incarnato, non solo in Italia, la speranza di un’autentica risposta democratica alle sfide di questi anni: ripristinare il primato della politica sull’economia e la finanza; proporre un’alternativa al modello tedesco “austerità + deflazione” imposto con dosi da cavallo agli europei; fermare l’invasione migratoria.
Il nuovo esecutivo M5S-Pd nasce su decisione di altri per perseguire interessi nazionali di altri. Quello dell’Italia viene in subordine. Si è qui davanti alla riproposizione di una forma di protettorato nel Vecchio Continente. Istituito nell’anno dell’ottantesimo anniversario della nascita del sinistro protettorato di Boemia e Moravia. Che dire? A distanza di quattro generazioni, a nord delle Alpi a qualcuno continua a difettare la misura – oltre che l’ironia.
Tramonta l’alleanza sovranisti di destra-sovranisti di sinistra
Le levatrici dell’esecutivo giallorosso hanno conseguito un secondo, importante obiettivo. Con la rottura fra Lega e M5S finisce l’esperimento politico italiano – unico in Europa – dell’alleanza fra sovranisti di destra e sovranisti di sinistra.
A differenza di Syriza in Grecia, di La France Insoumise in Francia e di Podemos in Spagna, il M5S era sinora l’unica forza di sinistra in Europa che sembrava non aver sposato i dogmi del mondialismo, in primis quello finanziario. Alleandosi con il Pd il M5S si è normalizzato oppure ha gettato la maschera?
Quale che sia la risposta, il dato politico è chiaro: come insegna la parabola di Tsipras, sposando i mondialisti, il M5S rischia di imboccare una strada senza ritorno.
Riconciliazione nazionale, un’altra occasione perduta
Su un piano metapolitico, la collaborazione fra M5S e Lega aveva il significato di una riconciliazione nazionale, indispensabile per ricucire le ferite che ancora lacerano l’Italia: storiche, politiche, territoriali.
Una riconciliazione tanto attesa, indispensabile anche per rafforzare l’Italia nell’agone internazionale. Scenario, quest’ultimo, in tutta evidenza sgradito alle cancellerie europee, i cui disegni si fondano anche su un’Italia debole e al traino. Una riconciliazione che nemmeno il Pd desidera, come dimostrano puntualmente i suoi slogan divisivi in occasione di ogni campagna elettorale.
Il M5S ha lasciato in mano al Pd i rapporti Italia-Ue
In questa cornice, il Pd acquisisce il controllo dell’intera filiera politico-amministrativa incaricata di curare i rapporti con l’Ue. Gentiloni commissario europeo. Amendola ministro degli Affari Europei. Gualtieri al Mef. A ciò si aggiunge l’occupazione sistematica delle posizioni apicali della Farnesina da parte di diplomatici organici al Pd.
Restano da chiarire le decisioni del premier Conte in materia di deleghe sugli affari europei, ma il quadro politico è dato. Di fatto, l‘integralità dei rapporti fra Italia e Ue, incluse le scelte sui bilanci, passerà dalle scrivanie degli uomini del Pd.
Una garanzia… Per Bruxelles. Un po’ meno per gli italiani.
In Italia come in Francia, una crisi di legittimità delle istituzioni
La Lega fuori dalla stanza dei bottoni è un dato politico grave, finora sostanzialmente taciuto da media e osservatori: l‘area politico-culturale che è maggioranza in Italia si ritrova priva di rappresentanza governativa. Questo dato è aggravato dall’impressione che il Conte bis si accinga a governare per l’intera legislatura. Esso potrà nominare i vertici di circa 400 enti e aziende di Stato a primavera 2020. Per non parlare dell’elezione del Presidente della Repubblica nel 2022.
I media, giubilanti, continuano a ripetere che il governo M5S-Pd piace alle cancellerie estere. Bene. Ma è soprattutto agli italiani che dovrebbe essere gradito. Non fosse altro che perché la contingenza lo chiamerà ad adottare misure per le quali serve un mandato elettorale forte e chiaro. Un mandato che l’esecutivo non ha.
Anche in Italia si stanno dunque delineando analogie con la Francia di Macron. In Italia, come in Francia, la crisi da politica si sta trasformando in una crisi di legittimità. Al di là dei profili formali, in Italia come in Francia la democrazia sta smettendo di funzionare, perché sta venendo meno il rispetto per la volontà popolare. Viene disatteso il patto democratico fra rappresentati e rappresentanti. E viene minata la legittimità delle istituzioni, prima ancora che quella dei governi.
La destra impari la lezione: temi e squadra sono al cuore della sfida politica
Nondimeno, la partita resta aperta. Le sfide di oggi – crescita economica e immigrazione clandestina – sono lontane dall’essere risolte. Anzi, un governo M5S-Pd rischia purtroppo di aggravarle. La Lega e, in generale, la destra devono continuare a dettare l’agenda del dibattito politico. Alla prova dei fatti, le ricette della destra si sono dimostrate adeguate. Quelle del Pd e dei suoi sponsor d’oltralpe non solo hanno fallito, ma sono anche profondamente impopolari. Va affinato un progetto di governo di destra, nei temi e nei valori, fondato su un’idea di nazione. E offerto agli italiani senza complessi, né anacronistiche quanto infondate sudditanze.
Non sarebbe tuttavia corretto omettere che, nella gestione della crisi, qualcosa a destra non ha funzionato. In termini di scenario, quali che fossero siano le ragioni della crisi, visto con la lente dell’interesse nazionale un governo M5S-Lega era in ogni caso da preferire a uno M5S-Pd. Invece, la finestra di opportunità aperta dalla crisi di governo ha favorito il coagularsi di forze interne ed estere, che avevano un comune interesse a porre termine all’esperienza di governo leghista. Davanti a questo rovesciamento di fronte, l’impressione è che la Lega si sia ritrovata sorpresa e a corto di piani, strumenti e referenti nelle amministrazioni dello Stato, che le consentissero di recuperare l’iniziativa.
La destra deve finalmente convincersi che, per governare un paese complesso e soggetto a vari vincoli esterni come l’Italia, vincere le elezioni è condizione necessaria ma non sufficiente.
E’ indispensabile disporre di quadri di riferimento nelle amministrazioni dello Stato: alta dirigenza, diplomazia, forze armate, forze dell’ordine, aziende e enti di Stato, università. Quadri che affianchino e assistano la classe politica. Che sappiano costruire reti interne e alleati internazionali. Che forniscano un contributo di idee nelle fasi di opposizione. E offrano lealtà e competenza nelle fasi di governo. Sin dal 1994, le forze di destra italiane hanno sempre, con colpevole miopia, trascurato questa esigenza, finendo inevitabilmente per pagarne il fio in termini di efficienza e coerenza dell’azione di governo. E, di conseguenza, in termini di consensi quando si sono ripresentati al giudizio degli elettori.