Caso Skripal. Veleni e tensioni fra Occidente e Russia. Dove sta l’interesse dell’Italia?

Caso Skripal: l'interesse dell'Italia è di avere buoni rapporti con la Russia. Occorre evitare di subordinare l'interesse nazionale italiano a quello di chi desidera un cuneo permanente fra Europa e Russia.

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Caso Skripal. Veleni e tensioni fra Occidente e Russia. Dove sta l’interesse dell’Italia?

L’irrigidimento dei rapporti fra Europa e Stati Uniti da un lato e Russia dall’altro vive in questi giorni un altro grave episodio con le espulsioni di diverse decine di diplomatici di Mosca come ritorsione per il caso Skripal. Su La Stampa, l’ambasciatore Giampiero Massolo propone un’interessante analisi.

Come correttamente spiega Massolo, anche se un suo coinvolgimento è plausibile, probabilmente non si saprà mai se e a quale livello Mosca sia responsabile dell’avvelenamento della spia russa. Non è quindi questa la sede per fare valutazioni su responsabilità vere o presunte.

Piuttosto, dal punto di vista dell’evoluzione del quadro internazionale, gli ultimi sviluppi preoccupano. Come già si è detto, la Russia appare destinata ad essere un protagonista dei rapporti internazionali per gli anni a venire: di conseguenza, la sua partecipazione alla sistemazione di diverse situazioni di crisi, dalla Siria, ai Paesi del Nordafrica, all’Ucraina, sarebbe molto utile, anche per i Paesi occidentali Ora, se l’espulsione dei diplomatici è un atto in sé legittimo, è più che probabile che la Russia reagirà con misure analoghe, che contribuiranno ad approfondire il solco. Di conseguenza, una volta che il caso Skripal avrà trovato una soluzione soddisfacente, sarà urgente rilanciare la collaborazione con Mosca sui dossier di interesse per ambo le parti, anche allo scopo di vagliarne la buona volontà.

L’Italia deve rilanciare il dialogo con la Russia

Interessante, poi, lo spunto dell’ambasciatore, laddove suggerisce che il caso Skripal è un test per la compattezza dell’alleanza euro-atlantica: una considerazione, questa, del tutto condivisibile. Al riguardo, però, andrebbe anche osservato che si tratta di un’alleanza asimmetrica fra potenze dal peso molto differenziato: ad esempio gli Stati Uniti, superpotenza nucleare con una capacità di proiezione globale, o Paesi minori quali i tre Baltici, oppure a vocazione regionale come l’Italia. Analogamente, e di conseguenza, pur essendo gli alleati occidentali tenuti insieme da una comune esigenza di sicurezza, essi sono nondimeno sono portatori di interessi e sensibilità diversi: è evidente che il modo con cui si guarda a Mosca non può essere lo stesso a Vilnius e a Lisbona, così come i sommovimenti in Libia non possono destare le stesse preoccupazioni a Roma e a Oslo.

Di conseguenza, fino a quando questi interessi diversi sono meno pregnanti rispetto al comune bisogno di sicurezza, l’alleanza funziona in modo fisiologico. Ma, quando le differenze diventano divergenze e questa divaricazione tende ad accentuarsi con l’evolversi della cornice internazionale, vi è il rischio che gli interessi di un membro, spesso quello dominante, prevalgano su quelli dei soci minori, che cercheranno a questo punto di aumentare la propria autonomia dal partner principale, quando non addirittura di uscire dall’alleanza.

È questo, ad esempio, il caso dell’Asse fra Italia e Germania durante la II Guerra Mondiale. Roma aveva schierato in Nordafrica la maggior parte delle sue migliori unità, fra cui quelle corazzate. Con la sconfitta di El Alamein nel novembre 1942 l’Italia era di fatto fuori dalla guerra, non essendo più in grado di sostenere lo sforzo bellico, in particolare nel teatro dell’URSS. Iniziò in quel momento una fase di progressiva divaricazione fra gli interessi di Roma e quelli di Berlino che, fra crescenti tensioni fra i due alleati, si concluse con l’armistizio di Cassibile nel settembre 1943. Realpolitik avrebbe voluto che una soluzione politica fosse cercata dall’Italia già a fine 1942: ragioni interne, così come i rapporti con la Germania rendevano questa opzione impraticabile, se non al prezzo della caduta dello stesso Regime.

L’Italia non deve cadere nella trappola delle alleanze asimmetriche

L’ambasciatore Massolo fa una equilibrata riflessione sull’esigenza per l’Italia di “non indulgere a reazioni prettamente nazionali” a fronte di poste in gioco che rischiano di lasciarla “ai margini” e a “coltivare la coerenza in politica estera”. E, nondimeno, non può escludersi che la posizione di chi in Italia ha espresso riserve sull’irrigidimento nei confronti di Mosca potrebbe anche essere dettato da interessi di politica estera, non interna. E, soprattutto, cosa dovrebbe fare l’Italia che ha un interesse strategico ad avere buoni rapporti con Mosca, qualora la linea anglosassone di creare un cuneo permanente fra Europa e Russia dovesse ulteriormente irrigidirsi?

Dopo la fine della Guerra Fredda, la Russia è stata per l’Italia e per l’Europa un fondamentale partner politico ai fini della stabilità internazionale. Non si dimentichi che in quel periodo Mosca ha di fatto visto l’intero Patto di Varsavia cambiare campo e confluire nella NATO, così come ha dovuto assistere al bombardamento della Serbia: talvolta ha protestato, ma senza mai innescare crisi internazionali. Questo sino a quando l’espansione dell’influenza occidentale non ha investito l’Ucraina, ossia il suo cortile di casa.

Anche i rapporti economici sono strategici, essendo la Russia un affidabile fornitore di energia e un grande mercato per l’export italiano: è noto che le sanzioni alla Russia hanno gravemente danneggiato importanti settori dell’economia italiana più di quanto non abbiano sortito effetti sulle politiche di Mosca.

Forse su queste circostanze si dovrebbe avviare una riflessione approfondita.

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