Caso Skripal e interesse nazionale. Perché non guardare all’Austria?
Sul blog Avanti senza paura Andrea Pasini fa un’interessante riflessione sulla linea dell’Austria sul caso Skripal.
Il Governo di Sebastian Kurz ha scelto di non espellere nessun diplomatico di Mosca, non subordinando gli interessi di Vienna a quelli di potenze maggiori. Una linea di equilibrio in un momento critico, perché è lecito attendersi che la Russia reagirà con misure simmetriche.
Vienna ha saputo comprendere che in questa delicata congiuntura l’imperativo politico è di stabilire un dialogo costruttivo. Non isolare ma coinvolgere Mosca nelle principali questioni internazionali. “Mantenere aperti i canali di comunicazione verso la Russia” – nella nota congiunta del Cancelliere Kurz e del Ministro degli Esteri Karin Kneissl – per costruire “ponti fra Oriente e Occidente”.
Decidendo di non espellere nessun diplomatico russo l’Austria ha scelto l’equilibrio
A ben vedere, alla luce dell’interesse nazionale questo è quanto avrebbe dovuto fare l’Italia, i cui rapporti con la Russia hanno un rilievo strategico.
Invece il Governo Gentiloni ha scelto una linea più ortodossa e ha annunciato l’espulsione di due diplomatici russi. Una decisione politica che, nell’attuale fase, a Camere appena insediate e con un Governo dimissionario, Gentiloni e la Farnesina avrebbero fatto meglio fatto a lasciare al nuovo esecutivo. Una scelta controversa perché subordina acriticamente l’interesse nazionale a quello di altri Paesi, il cui rapporto con Mosca è meno nevralgico che per Roma. E perché lascia in eredità un ingombrante fatto compiuto al nuovo Governo, forse con l’obiettivo di condizionarne l’azione.
Eppure – con il massimo rispetto per l’Austria – l’Italia avrebbe ben altri argomenti per spiegare ai partner occidentali le proprie scelte politiche. Così come avrebbe gioco facile a rispondere a eventuali accuse di volersi smarcare.
L’Italia avrebbe ben altre carte per spiegare ai suoi partner che con la Russia occorre dialogare
Come pochi altri Paesi, l’Italia, la sua diplomazia e le sue Forze Armate forniscono da molti anni un essenziale contributo alla stabilità internazionale, sia a livello bilaterale che multilaterale. Le missioni italiane, dispiegate in tanti teatri, dall’Africa al Medio Oriente, dai Balcani all’Afghanistan, hanno riscosso unanime apprezzamento a livello internazionale. E hanno avuto un elevato costo: in termini di impegno politico, di risorse finanziarie e – purtroppo – di sangue dei migliori figli della nazione.
È troppo chiedere che questo straordinario impegno sia trasformato in capitale politico per riaffermare i nostri interessi?