Sequi braccio destro di Di Maio, cosa significa

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Sequi

SequiLa nomina dell’ambasciatore a Pechino, Ettore Sequi, a capo di Gabinetto di Di Maio non ha sorpreso gli osservatori più attenti. Durante il suo mandato in Cina, Sequi ha curato diversi dossier bilaterali di interesse del Mise e ha costruito un solido rapporto con il nuovo titolare della Farnesina.

Un ambasciatore espressione della “casa”

Sequi è per alcuni versi atipico. I vertici degli Esteri hanno da lungo tempo un rapporto organico con il Pd, che negli ultimi 8-9 anni ha occupato pressoché tutte le posizioni di potere. Il breve periodo di governo gialloverde, complice un ministro tecnico e di impostazione brussellese come Moavero, non ha modificato questa situazione.

Beninteso, anche Sequi ha rapporti con la politica. Circostanza naturale, tenuto conto delle funzioni che svolge. E’ persino stato, fra il 2014 e il 2015, capo di Gabinetto della Mogherini. Tuttavia, per la maggior parte dei diplomatici, Sequi è innanzitutto un uomo della “casa”, i cui successi sono più legati alle sue qualità che alla politica: capacità di lavoro fuori dal comune, precisione certosina, tenacia tipica dei sardi. Grande motivatore, non è un capo facile. Ma se è esigente con i suoi collaboratori, lo è ancor più con sé stesso.

Nell’ultimo biennio l’ambasciatore avrebbe gradito rientrare agli Esteri con un incarico di alto livello. Tuttavia – si dice alla Farnesina – il suo progetto sarebbe stato osteggiato fino a questo momento proprio dalla cordata alla guida del ministero, che individua in Sequi un serio rivale alle sue ambizioni.

Scegliendo Sequi, Di Maio dà un segnale di autonomia

A prima vista, con Sequi il neo ministro Di Maio sembra aver fatto una scelta di autonomia. L’ambasciatore ha esperienza. Conosce la macchina ministeriale, il suo personale, i suoi riti. Con Sequi al suo fianco, Di Maio non avrà bisogno di tutori. Inoltre, sia grazie al suo mentore, l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, sia per il lavoro sul campo, anche in aree di guerra quali l’Afghanistan, Sequi vanta legami di fiducia con le Forze Armate e gli apparati di informazione.

Farnesina, verso nuovi equilibri fra Ministro e Segreteria Generale

Alla notizia della nomina di Di Maio agli Esteri, alcuni immaginavano che questi sarebbe stato presto fagocitato dalla burocrazia ministeriale, finendo per sposarne incondizionatamente ogni posizione.

L’Amministrazione sembra invece aver giocato una partita diversa, favorendo Sequi al fine di ostacolare la corsa di altri funzionari – giovani, combattivi e non privi di ambizione – già vicini al capo politico dei cinque stelle, come Pasquale Salzano o Giovanni Pugliese, già suo consigliere diplomatico al Mise. E preservando con l’occasione le prospettive di promozione dell’attuale vice segretario generale, Baiano. Con la scelta di Sequi nella posizione di braccio destro – osserva un ambasciatore – questi scenari sono sfumati, a vantaggio di una formula meno innovativa, ma con un diplomatico di grande esperienza e notevolissime capacità manageriali.

In fondo la storia degli Esteri è sempre stata caratterizzata da un forte dualismo, talvolta sotterraneo, talvolta aperto, fra i ministri e i loro staff da un lato, e la Segreteria Generale dall’altro. La nomina di Sequi sembra stavolta ispirata alla ricerca di un’armonia tra queste due anime, nell’attesa di una partita che – anche in considerazione della non facile situazione internazionale e visti gli interessi in gioco per il nostro paese – necessita di preparazione e di esperienza.

 


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