Il Centro di studi politici e strategici Machiavelli ha recentemente pubblicato l’analisi Il Niger, e il cadeau italiano a Macron: tutte le incognite della missione italiana, che presenta diversi profili di interesse per gli osservatori dell’attualità internazionale.
Il primo è che affronta un tema che riguarda l’Africa, continente spesso colpevolmente trascurato dai mezzi di informazione e dagli analisti italiani. Del resto, proprio quella regione dell’Africa subsahariana riveste una grande importanza per l’Italia, per due motivi. Primo: la sua destabilizzazione rischia di contagiare i vicini a settentrione, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, che sono nostri immediati dirimpettai sulla sponda sud del Mediterraneo, il Nord Africa-Maghreb, teatro la cui stabilità è interesse strategico dell’Italia. Secondo: i disordini in atto nella regione subsahariana sono direttamente all’origine di un’importante parte del flusso migratorio verso Italia ed Europa, che deve essere fermato.
Il secondo spunto utile riguarda gli interessi dell’Italia. Anche qui, l’analisi del Centro Machiavelli è del tutto condivisibile. Da un lato, è vero che riuscire a stabilizzare la regione subsahariana sarebbe un eccellente risultato. Dall’altro – e soprattutto – vanno ricordati i limitati strumenti e i mezzi a disposizione dell’Italia, che resta una media potenza, priva di una capacità di proiezione di forza globale. In altri termini, intervenire in Niger significa impegnarsi in un’azione al limite estremo delle nostre possibilità e, nel contempo, distrarre le nostre forze rispetto a teatri, come la Libia, dove il loro impiego sarebbe stato molto più coerente con gli interessi nazionali.
Corretto infine anche il cenno ai rapporti con la Francia, cui con la sua missione l’Italia rende un importante servizio, in sostanza mettendola nelle condizioni di fare quello che avremmo dovuto fare noi: vale a dire, liberare strumenti e forze da poter utilmente dispiegare in altri scacchieri di maggior rilievo strategico. Un favore, però, di cui non si comprende appieno il ritorno, perché il comando della missione resta a Parigi: situazione per l’Italia potenzialmente foriera di ambiguità e spiacevoli malintesi in relazione alla definizione degli interessi da tutelare e degli obiettivi da perseguire.
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