America Latina: Cina, Russia e Iran sfidano l’egemonia Usa

Durante la Guerra Fredda, l’America Latina era un teatro di confronto Usa-Urss. Dopo il 1989, il collasso sovietico sembrava lasciare campo libero agli Usa. Questo scenario non teneva conto dei paesi della regione, che cercano contrappesi agli Usa avvicinandosi a Cina, Russia e Iran. Il complesso quadro che si delinea offre molte opportunità anche all'Italia.

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Cina America Latina
Durante la Guerra Fredda, l’America Latina era un teatro di confronto fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Nella cornice di una competizione bipolare tous azimuts, Mosca cercava di contendere quello che per Washington era uno spazio politico precluso alle potenze esterne dal 1823, data della formulazione della Dottrina Monroe.

Il crollo dei sistemi comunisti nel 1989 sembrava cambiare questo quadro. Per tanti osservatori, il collasso dell’Urss avrebbe finito per lasciare campo libero a Washington per fare dell’America Latina il suo terreno di caccia riservato.

Questo scenario non teneva però conto della volontà dei paesi della regione. Questi, forti delle loro risorse energetiche e naturali, si sono adeguati al cambio di cornice tentando di emanciparsi dall’influenza Usa. Questa dinamica ha avuto l’effetto di rimettere in gioco Cina, Russia e Iran.

Gli sviluppi più recenti mettono in discussione l’egemonia Usa in America Latina

Negli ultimi anni, lo scenario latinoamericano ha fatto registrare sviluppi inediti. Fra questi, il peso crescente della Cina.

Dal 2006 al 2016 l’interscambio fra America Latina e Cina è cresciuto del 210%, quello con gli Stati Uniti – che restano il primo partner commerciale della regione – del 38%.

La Cina ha superato gli Stati Uniti come importatore da ben sette paesi latinoamericani. Per cinque di questi – Brasile, Cile, Cuba, Perù e Uruguay – Pechino è ormai il primo mercato. Di converso, l’export dell’Impero di Mezzo supera oggi quello degli Usa in ben otto paesi dell’area. In sei di questi – Bolivia, Brasile, Cile, Cuba, Perù e Uruguay – Pechino è diventato il principale esportatore.   

Verso l’integrazione economica transpacifica Cina-America Latina

Gli ultimi anni hanno fatto registrare importanti convergenze fra Cina e Brasile in campo energetico e infrastrutturale.

La Cina è un partner essenziale del Cile, con cui ha sottoscritto un trattato di libero scambio nel 2006. Sta negoziando la realizzazione di centrali nucleari in Argentina.

Il Perù riveste per Pechino una grande importanza in ragione delle sue consistenti riserve minerarie, in particolare di qual rame che serve all’Impero di Mezzo per alimentare la sua crescita industriale. In Ecuador, la Cina ha costruito una centrale idroelettrica che produce il 35% dell’energia del paese.

Forte anche l’interesse cinese per il Messico, che può mettere sul piatto sia salari competitivi sia la membership nel Nafta, ha ricevuto da Pechino 6 miliardi di dollari di investimenti.

Sullo sfondo, si delinea in nuce una chiara dinamica economica: un processo di integrazione transpacifica fra la Cina e l’America Latina.

Le risorse naturali, chiave dell’interesse di Pechino per l’America Latina

L’obiettivo economico della Cina in America Latina è procurarsi le risorse energetiche e minerarie per alimentare il suo sviluppo economico.

Evidente, dunque, la la sua complementarietà con l’America Latina, ricca di risorse naturali. Petrolio e gas di Venezuela, Ecuador e Bolivia. Il legno e il rame del Perù (ricco altresì di argento, zinco, stagno, piombo, oro e litio). Rame del Cile.

Logico, di conseguenza, anche l’interesse che la Cina nutre per le infrastrutture di trasporto e stoccaggio. Fra queste, l’inversione della Trans Panama Pipeline, progetto che assicura alla Cina l’accesso agli idrocarburi del Venezuela e consente a Caracas di ridurre la sua dipendenza dagli Usa. Nel 2010, la Cina ha acquisito importanti facilities petrolifere nei Caraibi per stoccare e trasportare il greggio.

L’interesse della Cina per l’America Latina si traduce anche in iniziative politiche

Il quadro dei rapporti sino-latinoamericani è completato dal costante rafforzamento di forme di partenariato politico.

Fra queste, la forte collaborazione politica fra Pechino e Brasilia in seno ai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di un ordine internazionale multipolare.

L’asse bolivariano – sia pure ormai ridotto a Venezuela e Bolivia essendosi ormai sfilato l’Ecuador dopo la vittoria di Lenin Correa – e Cuba sono partner ideali per Pechino.

In crescita anche le iniziative cinesi di natura strategica, con evidenti possibili sviluppi militari.

I rapporti con il Venezuela possono mettere sul tavolo negoziale petrolio e porti militari nel Pacifico, in prossimità delle coste Usa. Pechino e Caracas hanno collaborato per lo sviluppo e la mesa in orbita di due satelliti. Nel 2013, la Cina ha messo in orbita il Tupac Katari 1, primo satellite per le telecomunicazioni della Bolivia.

Sotto Putin la Russia torna ad affacciarsi in America Latina

Dalla metà degli anni 2000, seppur in modo più limitato rispetto alla Cina, anche la Russia si è inserita nella partita latinoamericana.

L’obiettivo di Mosca è duplice.

  1. diversificare le proprie opzioni politiche, di sicurezza ed economiche. Queste ultime anche in chiave anti-sanzioni occidentali.
  2. mandare un messaggio a Washington e al resto del mondo: la Russia ha gli strumenti per fronteggiare gli Usa, all’occorrenza anche nel loro cortile di casa.

Questa politica di dialettica con gli Stati Uniti si è rivelata in tutta la sua evidenza in occasione della crisi georgiana del 2008 e della crisi ucraina del 2014. In entrambi i casi, ai tentativi Usa di esercitare pressione sui confini russi in Georgia e in Ucraina, la Russia ha risposto con esercizi militari e visite ufficiali in America Latina.

Nel 2008, l’allora Presidente Dimitri Medvedev si recò in visita in America Latina. Nel 2014, Putin ha visitato Cuba, Argentina, Brasile e Nicaragua, dove ha concluso diversi accordi politici ed economici.

L’America Latina, strumento della Russia per costruire un mondo multipolare

Come per la Cina, l’obiettivo strategico della Russia in America Latina è di sviluppare relazioni e legami atti ad accelerare l’emersione di un sistema internazionale multipolare.

In questo senso, il quadrante latinoamericano è funzionale alla politica di Mosca. Da un lato si tratta di un teatro dove l’influenza di Washington è ancora preponderante. Dall’altro, la Russia può incunearsi negli spazi generati dalla volontà dei paesi dell’area di rendersi autonomi dagli Usa.

È stato questo il caso, ad esempio, quando nel 2014 Bolivia, Cuba, Nicaragua e Venezuela hanno votato contro la risoluzione dell’Onu n. 68/262 che condannava l’annessione russa della Crimea.

La carta di Putin: armi e tecnologia

Sullo scacchiere latinoamericano, la prima carta di Mosca è la fornitura di armi. Fra il 2000 e il 2017 la Russia ha coperto in media il 20% del mercato latinoamericano di armi, una quota comparabile a quella degli Usa.

La Russia è un importante fornitore di Cuba, Venezuela, Perù, Nicaragua e Brasile. Mosca è in trattative con Bolivia, Uruguay ed Ecuador e ha firmato significativi contratti con paesi tradizionalmente vicini agli Usa, come Messico e Colombia.

Nell’aprile 2010 Putin ha annunciato che la Russia avrebbe aiutato Venezuela e Bolivia a sviluppare delle industrie aerospaziali nazionali.

Mosca esporta il suo know how in campo petrolifero e gasifero e nel nucleare civile. In particolare, le aziende russe del comparto oil & gas hanno fatto importanti investimenti in Bolivia, Messico e Venezuela. Anche i rapporti con paesi tradizionalmente amici come Nicaragua e Cuba sono stati consolidati.

Sullo sfondo, la proiezione di potenza russa nell’emisfero occidentale

Queste relazioni politiche e commerciali presentano uno specifico interesse per Mosca. Esse, infatti, si traducono nella disponibilità di infrastrutture, quali aeroporti e porti, per i propri militari. Ad esempio in Nicaragua.

Sono, questi, tutti strumenti che consentono alla Russia di proiettare la propria potenza nell’emisfero occidentale e mettere sotto pressione gli Usa ogni volta che questi diventano troppo attivi nel cosiddetto estero vicino russo.

La penetrazione della Russia in America Latina è limitata dalla Cina

Paradossalmente, negli ultimi anni la penetrazione della Russia in America Latina ha trovato il suo limite nell’attivismo della Cina.

In campo economico, l’azione di Pechino si è dimostrata più incisiva. Le armi cinesi hanno tolto quote di mercato a quelle russe in Perù e Venezuela. Le compagnie di Pechino hanno comprato da Rusal lo stabilimento di bauxite di Alpart in Giamaica. Cina e Russia competono per la realizzazione di centrali nucleari in Argentina.

Nondimeno, in America Latina gli interessi politici di Mosca e Pechino sono complementari. Ad esempio, i prestiti cinesi al Venezuela consentono a quest’ultimo di opporsi più risolutamente agli Usa, creando un’oggettiva convergenza Cina-Russia. Se la Russia e la Cina decidessero di sviluppare una politica latinoamericana, se non comune almeno coordinata, potrebbero porre in essere una reale sfida agli interessi Usa in quello scacchiere.

L’ospite inatteso: l’Iran

L’Iran è il terzo attore a sfidare l’egemonia Usa in America Latina, anche se – per evidenti ragioni –  su scala minore e con obiettivi meno ambiziosi.

Iran e Venezuela hanno sempre trovato convergenze in seno all’Opec e hanno deciso di consolidare i propri rapporti. Hugo Chavez è sempre stato il primo sostenitore internazionale del programma nucleare iraniano.

L’aspetto interessante dell’attivismo di Teheran in America Latina è il suo marcato profilo culturale e religioso. Nel 2012, vi erano 32 centri culturali iraniani nella regione. Oggi, sono più di 100.

Questo dinamismo ha favorito l’espansione di Hezbollah. Oggi, il Partito di Dio è la forza politica dominante nelle comunità sciite latinoamericane. Hezbollah ha così potuto costruire una fitta rete di moschee, scuole e centri culturali.

L’Iran è attivo anche sul piano politico e militare

L’attivismo di Teheran si traduce in un’accresciuta sequenza di visite ad alto livello politico. L’allora Presidente iraniano Ahmadinejad ha visitato l’America Latina per ben sei volte fra il 2005 e il 2012. Nel 2016, il Ministro degli Esteri Javad Zarif ha effettuato una missione nella regione, che ha toccato sei paesi.

Fra le destinazioni più frequenti delle visite ufficiali iraniane vi sono VenezuelaNicaraguaEcuadorBolivia. Tutti questi paesi sono uniti nel denunciare la politica occidentale di isolamento dell’Iran e offrono sostegno a Teheran in ogni consesso internazionale.

Questa politica ha anche implicazioni militari. L’America Latina offre all’Iran e ad Hezbollah interessanti opportunità di collaborazione, in particolare nel campo dell’addestramento.

Il ritorno dei conservatori cambia il quadro politico latinoamericano

La vittoria delle forze di destra in diversi paesi della regione rappresenta un altro dato in grado di cambiare il quadro dei rapporti internazionali dell’America Latina. Dapprima l’Argentina con Macri, poi l’Ecuador con Moreno, il Cile con il ritorno di Pinera, la Colombia con Ivan Duque e infine il Brasile con Bolsonaro.

Occorrerà vedere se questa dinamica politica si riverbererà sugli equilibri internazionali, con il ritorno di forme di sudditanza agli Usa. Al momento non questo scenario non sembra verificarsi.

L’Argentina di Macri ha rafforzato i rapporti di collaborazione con la Cina. Anche negli altri paesi non sembra che vi siano cambi di direzione.

Bisogna ora aspettare l’avvio della presidenza di Bolsonaro in Brasile nel gennaio 2019. Il Brasile, infatti, dispone di un peso specifico tale da alterare gli equilibri politici della regione. Parimenti non è ancora chiaro quale sarà la posizione di Lopez Obrador, che guida il Messico, l’altro gigante della regione.

La corruzione latinoamericana suggerisce di scegliere partner dall’economia centralizzata

Un’ultima annotazione. Lo scandalo della gigantesca rete di corruzione che l’impresa di costruzioni brasiliana Oderbrecht aveva costruito nei paesi dell’area potrebbe favorire nuovi rapporti di collaborazione dei paesi latino americani con nazioni ad economia centralizzata come sono Cina e, in parte, Russia e Iran.   

La Cina ha immediatamente manifestato disponibilità, consapevole della prateria che si sta aprendo nella regione con l’indebolimento della concorrenza brasiliana. E sul piatto della bilancia mette anche una ben calibrata posizione di terzietà nelle questioni di politica interna, proponendosi così come il partner ottimale per un’America Latina desiderosa di trovare contrappesi all’influenza Usa.

Gli Usa resteranno la potenza egemone dell’emisfero occidentale

Il quadro politico latinoamericano si presenta dunque molto complesso.

Da un lato, non si comprende bene in che direzione evolveranno i rapporti fra America Latina e Usa. Per Diplomazia italiana, questi potranno avere alti e bassi, ma gli Stati Uniti sono destinati a restare la potenza egemone dell’emisfero occidentale.

Dall’altro, anche se l’influenza della Cina e, in misura minore, di Russia e Iran dovesse consolidarsi, è difficile ipotizzare che i paesi dell’area vogliano ridimensionare l’influenza Usa per poi legarsi mani e piedi ad altre potenze.

L’attuale quadro latinoamericano apre molte opportunità all’Italia

Questo quadro lascia molto spazio all’Italia, che dispone di importanti carte. Fra queste, i tradizionali rapporti di amicizia con i paesi dell’area, le numerose collettività italiane, la circostanza che, a differenza di altri attori, l’Italia non è percepita come minacciosa.

Occorrerebbe dunque che il Governo rilanci la politica latinoamericana con iniziative a 360 gradi in campo politico, economico e culturale.

A tale fine, sarebbe utile finalmente rilanciare l’Iila-Organizzazione internazionale italo-latinoamericana, di cui sono membri l’Italia e le 20 repubbliche dell’America Latina. L’Iila ha come missione proprio di consolidare le relazioni italo-latinoamericane. L’azione dell’Iila andrebbe tuttavia ricalibrata conformemente agli interessi nazionali italiani – purtroppo negli ultimi anni non sempre in primo piano – anche con la nomina di un Segretario Generale espressione del Governo.


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